Tra qualche giorno sarà primavera. Da dove comincia la dolce stagione? Certamente dalle gemme rosate che corteggiano gli alberi con vestiti generosi di bellezza. Dalla protervia con cui il sole e gli uccellini riempiono l’aria di note luminose e musicali; dal ritorno delle farfalle, simili a vele, sull’aura che spira sulle margherite, sulle profumate viole e sulle cose. Ma l’imminente arrivo della primavera reca con sé una data importantissima per me, la nascita di Alda Merini: 21 Marzo 1931. Celeberrima la sua frase “Sono nata il ventuno a primavera ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle potesse scatenar tempesta”.
Premetto che Alda è la mia poetessa preferita e subirà per ben 46 volte l’elettroshock. Ho provato tante volte ad immaginarla vagare per la stanza del manicomio con la mente disperata mentre la sua coscienza si frantumava in un turbinio di pezzi di cristallo.
Ho provato a contare le sue lacrime, mentre il tempo scorreva lento, e i lividi sulla pelle, il prezzo da pagare per il suo sconvolgente amore per la poesia.
Ma non sono riusciti a strappargliela via, lei che era spunto di meraviglie e insieme fragilità del suo essere.
I pensieri, prima alla deriva, rinascevano dal buio più nero e diventavano, una volta fuori, liriche di luce.
La cura…la “bestia” che rendeva diafano l’infinito della sua anima non le impedì di rimanere terra feconda, pioggia di versi, mare verde, nuvola fascinosa: ed ogni volta che la leggo, la guardo sbocciare.

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