Dalla terrazza del castello, nelle mie lunghe notti, vedevo quegli incontri che non possono essere giustificati alla luce del sole. Appuntamenti di amanti, appostamenti per picchiare colpevoli di qualcosa o rivali e accadimenti misteriosi. Nel cuore della notte furiosi colpi alla porta svegliarono Maria e Vincenzo.
<<Chi può essere a quest’ora?>> chiese, spaventata, al marito.
<<Non lo so, vado a vedere>> rispose Vincenzo.
L’uomo aprì il battente della finestra e, dopo essersi accertato di chi fosse, fece cenno alla moglie di avvicinarsi. Nunzia le disse che Elena, quella mattina in campagna, era stata morsa dalla tarantola: il tempo di tornare a casa, aveva avuto dei capogiri ed era già iniziato il ballo.
Vincenzo rimase con la bambina, mentre Maria si vestì rapidamente ed uscì. Giunte all’abitazione dell’amica, si trovarono davanti ad una porta semichiusa, dalla quale proveniva la musica del tamburello.
Maria aprì la porta silenziosamente e ciò che le due ragazze videro rimase impresso nella loro mente per sempre. Intesi il loro profondo turbamento dalle poche parole scambiate sottovoce:
<<Non l’ho mai vista così!>>.
<<Nemmeno io>>.
<<Che cosa succederà dopo?>>.
<<Niente, la aiuteremo a dimenticare>> rispose Maria.
Elena indossava una lunga camicia bianca di cotone, i lunghi capelli neri erano sciolti e le ricadevano sulle spalle, intrecciati come la ragnatela tessuta dal ragno che l’aveva ridotta in quello stato. La madre e le altre donne della sua famiglia le si erano riunite intorno in cerchio.
Il ritmo martellante del tamburello scandiva i movimenti del corpo della ragazza: a tratti teso, a tratti flessuoso manifestava gli effetti del veleno del ragno.
Le maglie della ragnatela dei capelli si allargavano ai movimenti frenetici e nel viso pallido gli occhi scuri sembravano nera lava. Una certa fierezza le consentì tuttavia di non svelare del tutto ciò che la tormentava.
Il ballo sfrenato di quella bianca ballerina sembrava dare voce al lamento della sua anima che sarebbe cessato solo alla sua guarigione. Ed Elena ballò fino allo stremo, stendendosi a terra, mutata nella mente e nell’anima giacché il demone che la tormentava lentamente si era disperso.

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