I miei nonni non ci sono più da molto tempo, ormai, però posso dire di essermeli goduti appieno: più i nonni materni, in realtà, che quelli paterni. Ho pensato intensamente a loro l’altra sera quando, in un noto programma televisivo, si parlava di nonni virtuali riferendosi a quelli, per intenderci, che appaiono in brevi video su un social giovane, che conquistano le simpatie del pubblico ed hanno un notevole seguito di followers. A onor del vero, quando i suddetti nonni sono stati chiamati in scena, mi sono piaciuti tanto: erano tenerissimi, dolci ed auguro loro lunga vita e tutto il bene possibile. Come son cambiati gli stili di vita, i miei non usavano effetti speciali o jingle a tutto volume. Mio nonno era un ulivo con mani nodose e forza di maestrale nell’agire, dimora di rispetto per la mia anima fanciulla. Mia nonna, alta e longilinea, era intuitiva e silenziosa d’indole. Con mani d’oro ed un grembiule profumato di cannella e vaniglia la ricordo, protesa, a curar le piante aromatiche del suo giardino quasi fossero figli. Rivedo con gli occhi della mente la crocchia di capelli bianchi, che guardavo ammirata, intessuta con forcine sapientemente occultate. E, nonostante la pandemia abbia colpito prevalentemente la loro generazione, dove abito ho trovato un nonno in prestito, ma in carne ed ossa, che mi ha ispirato questi versi! E voi ne avete?
Conosco un ossequioso nonnetto,
che con dolce sorriso al balcone aspetto.
I nostri sguardi si incrociano tutte le sere,
quando il tramonto si sparge per l’aere.
Ogni giorno mi offre il suo inchino
ed un elegante saluto a capo chino:
ciò che io definisco sublime virtù,
dote del tempo che fu.
Eccelle in uno stile grazioso:
mi sarebbe piaciuto come sposo!
Il garbo desueto mi commuove
gesto prezioso è l’inchino,
un moto al cuore mi muove
a domani mio gioviale nonnino!

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