Eccola, è questa la domanda che io annovererei tra le meraviglie del mondo: sei felice?. Mi è stata posta recentemente e mi ha commossa e meravigliata, appunto. Perchè non è una domanda comune, non si pone in tempo di guerra (e al tempo odierno dove la violenza rema contro questo concetto): semplicemente la si dimentica, non fa parte di ciò che viviamo adesso, in special modo il post Covid con annessi e connessi. Quindi chi te la pone, ha realmente a cuore la tua risposta e gli fa piacere se tu hai un qualsiasi motivo per sorridere, anche banale. Personalmente, ho sempre sposato la bellissima teoria che il grande Totò illustrò in un’intervista all’altrettanto grande Oriana Fallaci : “Forse vi sono momentini minuscolini di felicità, e sono quelli durante i quali si dimenticano le cose brutte. La felicità, signorina mia, è fatta di attimi di dimenticanza”. E se tra questi attimi ci mettessimo anche la primavera? La stagione che racconta le emozioni, che ti stringe tra germogli, fiori e che misura il tempo in cieli tersi e tramonti incandescenti che attraversano ogni fibra del tuo essere. Che ti propone prati di margherite e papaveri, dove ti tufferesti volentieri come facevi secoli fa e, invece, rimani in bilico. E quella benedetta domanda ti fa comprendere una cosa, e cioè se davvero vale la pena “prendersela”. Perchè ce li hai i motivi ma se questo “odioso” sentimento logora solamente te, allora bisogna trovare un modo per “essere felici”. Io ne ho due: la scrittura e il mare. E allora grazie per questa domanda. Se sono felice? Diciamo che ce la metto tutta, in caso d’emergenza cucinerò un po’ di fegato alla veneziana. Almeno, non sarà il mio!

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